“Hate”: campagna per la cittadinanza 2017/2018

“Hate”

È uno de’ vantaggi di questo mondo, quello di poter odiare ed esser odiati, senza conoscersi. Alessandro Manzoni

I fatti: dentro e fuori il web

Nella primavera del 2017 Brendan Alper, ex dirigente di Goldman Sachs, lancia Hater, app di dating online che punta a far conoscere chi odia le stesse cose al motto di “Condividi le cose che odi con chi ami”. Attraverso i social network siamo continuamente bombardati da messaggi d’odio rivolti contro persone specifiche o categorie: hate speech, razzismo, sessismo e populismo dominano le nostre homepage, spesso veicolati tramite fake news. Bombe difficili da disinnescare per chi non dispone degli adeguati strumenti culturali (secondo l’ultimo rapporto di BI Intelligence, osservatorio inglese sull’economia e il digitale, meno dei due quinti degli utenti Facebook hanno tra i 18 e i 34 anni). L’Italia risulta essere inoltre secondo l’Ignorance Index il Paese con il più alto tasso del mondo di ignoranza sull’immigrazione: la maggioranza degli italiani pensa che gli immigrati residenti sul suolo italiano siano il 30% della popolazione, anziché l’8%, e che i musulmani siano il 20%, quando sono il 4%.

E quando l’odio travalica i confini del web? A seguito della campagna mediatica contro le ONG, Generazione Identitaria (organizzazione di estrema destra italiana, tedesca e francese nata nel 2012) vara C-Star, una nave che dal 18 luglio staziona al largo della Libia per “smascherare le ONG, cancellare la narrazione sugli aiuti umanitari e bloccare l’arrivo dei migranti in Italia”, ostacolando di fatto i soccorsi.

La Campagna

Fatti, analisi dei fatti e analisti dei fatti ci dicono che l’odio è uno dei sentimenti principali del nostro tempo, o almeno uno dei sentimenti che hanno trovato maggior spazio nel vuoto che si è generato. Ci dicono che ha buttato un po’ di cemento in questa impalcatura d’incertezza che sostiene il tempo attuale.

È certamente un’analisi che contiene una buona dose di verità, ma c’è da chiedersi innanzitutto cosa sia questo “odio” e se l’abuso di questo concetto non finisca per mascherare altri sentimenti.
Quindi: cos’è odio oggi? Cos’è per noi, cos’è socialmente, cosa è virtuale e cosa concreto, cos’è giusto ritenere odioso, quali conseguenze ha il clima che si genera, ecc…

Ci sono evidentemente tanti tipi di odio, e anche questo aspetto andrebbe approfondito. Pensiamo all’odio degli islamisti e dei giovani radicalizzati, verso l’Occidente e i suoi valori. Pensiamo all’odio degli annoiati, che tentano disperatamente di provare un’emozione. Pensiamo all’odio degli antagonisti verso i poteri forti che determinano politiche odiose. Pensiamo all’odio degli xenofobi e dei razzisti verso il diverso e la possibilità di conviverci. Pensiamo all’odio dei nazionalisti verso i cambiamenti storici necessari.

Pensiamo all’odio degli impoveriti verso chi ruba la ricchezza, siano essi i banchieri o i poveri di sempre.

Tutte queste categorie, e tante altre ancora, sono accomunate da una mancanza di speranza e tutti questi odianti concorrono e collaborano involontariamente alla distruzione del “non ancora” in forza di un “già” rassicurante.
Nuove tecnologie e nuovi fenomeni sociali sono il loro arsenale: il dispositivo delle “fake news” bombarda costantemente il terreno virtuale ma reale dei social network.

L’odio determina economia e politica.
Ma come, esattamente? E chi ci guadagna?

Così tanto odio esiste ed è diffuso forse perchè rende possibili alcune differenti azioni, tendenzialmente sfoghi dell’assenza di prospettive e della voglia reale di costruirne. Forse perchè l’odio è funzionale alla costruzione di prospettive diverse dalla globalizzazione dei popoli, e si alimenta di disperazione.

Chiariti necessariamente questi punti bisognerà chiedersi cosa vogliamo di altro da questo, quali sentimenti animano il nostro agire.
In sintesi: qual è, per noi, il contrario di odio?
Per quanto ci riguarda non è amore e nemmeno comunità, ma piuttosto IMMAGINAZIONE.

E per immaginazione non intendiamo una visione romantica del futuro, quanto piuttosto una radicale ed esistenziale lotta contro l’immobilismo e la distruzione di quanto faticosamente costruito dagli uomini e le donne del passato. Immaginazione significa accettare la sfida della complessità e della narrazione; significa incanalare quella energia che nasce dalla frustrazione e diventa sentimento d’odio da sfogare. Non sarà affatto un compito semplice e nemmeno semplificabile. Agli occhi di chi incontriamo, anche realtà come le nostre rischiano di apparire complici e odiose se si limitano alla retorica dell’amore e della comunità, dello stare insieme a tutti i costi “perché è giusto così, ed è pure facile”.

Dobbiamo invece argomentare e rappresentare con le nostre vite il futuro che abbiamo in testa, la nostra alternativa possibile, per arginare l’egemonia dell’hate speech che si difende all’ombra del principio della libertà d’espressione. Questo aspetto lo si nota soprattutto nel discorso politico con la conseguenza di avere una pericolosa ricaduta sulla vita collettiva: il 2018 sarà l’anno delle elezioni politiche e assisteremo a diverse e più o meno evidenti manifestazioni d’odio in grado di aggregare consenso.

Contrastare l’odio come strumento politico significa difendere i principi democratici di tolleranza e rispetto.

Non siamo certo immuni all’odio: viviamo anche noi in questa società e ne abitiamo alcuni snodi fondamentali come le scuole, le periferie, i beni confiscati. Questa Campagna ci permetterà innanzitutto di fare i conti con noi stessi e la nostra capacità di essere portatori di cambiamento e di mettere al centro tutti gli “strumenti” che ci siamo dati negli anni per rendere questo mondo un po’ più giusto di come l’abbiamo trovato.

Questa Campagna sarà certamente anche un modo per riscoprire in parte Acmos, ovvero per chiedersi se e come siamo utili e “dentro la Storia”, cioè dentro la vita delle persone. Noi non siamo i progetti che facciamo; i progetti che facciamo sono la rappresentazione del futuro che vogliamo.